10.02.2015 -Che Italia lasciamo ai nostri figli? Che modelli di riferimento forniamo alle nuove generazioni? Gli scandali che con cadenza quasi quotidiana investono, a tutti i livelli, la classe dirigente del Paese, come quelli legati all’Expo, al Mose e a Mafia Capitale, testimoniano il livello ormai insostenibile di degrado, corruzione e crollo dei valori morali e politici fondamentali in una democrazia, sia nel pubblico che nel privato.
La responsabilità della classe politica è lampante, non solo per le evidenti responsabilità dirette che arrivano fino alla connivenza con la criminalità organizzata, ma anche, e forse ancor di più, per la palese incapacità di porre in essere azioni efficaci per contrastare il degrado dilagante. Non solo la politica non riesce, o non vuole, arginare il malaffare, ma si rende anche responsabile di approvare leggi e provvedimenti che “premiano” i comportamenti illeciti, promuovendo modelli pericolosissimi per le nuove generazioni.
Come si può conciliare il dettato dell’art 53 della Costituzione (Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività) con provvedimenti come lo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall’estero o il recupero di quelli occultati in Italia? Un vero e proprio condono, la cui convenienza per l’evasore aumenta con l’aumentare dell’entità dell’evasione stessa.
Provvedimenti come questo, oltre ad implicare una ormai evidente sudditanza della politica rispetto ai cosiddetti “poteri forti”, sono un ostacolo quasi invalicabile per i giovani nel percorso di formazione della loro coscienza civica. Sono leggi che lanciano un messaggio terribile: diffondono la consapevolezza, spesso fondata, che rubare (perché evadere significa rubare alla collettività) è sempre conveniente; prima o poi arriverà un condono, una sanatoria o al peggio un forte sconto in tema di pene, multe e sanzioni.
Ai più queste mie considerazioni non sembreranno attinenti al mio mondo ed ai doveri specifici che io credo derivino dal mio ruolo: io sono invece convintissimo del contrario. Le risorse economiche che lo Stato perde a causa della corruzione e dell’evasione fiscale, attraverso la “connivenza” della politica, permetterebbero di costruire uno stato sociale capace di rispondere alle esigenze di tutti. Invece, complice la crisi economica, assistiamo al continuo ridimensionamento dei fondi destinati al welfare, fino ad arrivare a mettere in discussione i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, come il diritto alla salute o il diritto all’istruzione.
Il nostro è un Paese ancora sano, c’è una grande maggioranza di italiani onesti che ogni giorno svolge con coscienza il proprio dovere di studente, lavoratore e cittadino, ed è anche capace di spingersi oltre in nome di principi e valori che da sempre fanno parte del dna del nostro Paese: senza dover scomodare la storia basta pensare agli “angeli del fango” di cui abbiamo avuto testimonianza di recente sulla nostra pelle.
E’ necessario che la politica, invece di lasciar colpevolmente scivolare, lentamente ed inesorabilmente, l’Italia verso il degrado; si spenda non solo per conservare i valori e i principi tradizionalmente radicati nel Paese, ma si impegni per promuoverli come basi solide di una società che sia consapevole dei propri doveri verso lo Stato e verso la collettività.
Alberto Mutti
Vice Presidente Anmic nazionale
Presidente sezione provinciale di Parma