dav14.01.2017 – Di seguito l’intervento integrale di Alberto Mutti, presidente provinciale e vicepresidente nazionale Anmic, pubblicato dalla Gazzetta di Parma venerdì 13 gennaio, sui cosiddetti “furbetti della 104”.

“Sono saliti alla ribalta della cronaca, in questi giorni, alcuni dati relativi ai cosiddetti “imboscati”, ossia quelle persone che, per lo più appartenenti alla pubblica amministrazione, approfittano delle leggi per avere benefici che a loro non spettano. Domenica “La Repubblica” ha dedicato molto spazio alla faccenda e questa settimana anche la “Gazzetta di Parma”, meritoriamente, ha aperto il dibattito in città. Visto che tra i provvedimenti in questione viene anche citata la legge 104/1992, desidero chiarire alcuni aspetti, come presidente provinciale di Anmic e vicepresidente nazionale con delega al lavoro di questa associazione che da 60 anni si batte per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità.

La legge 104 rappresenta una delle normative più rilevanti in tema di tutela dei diritti dei disabili, un provvedimento atteso per decenni, conquistato attraverso anni di battaglie civili e sociali a cui l’Anmic, insieme ad altre associazioni, ha dato vita a livello nazionale. La legge 104, che regolamenta l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, è una legge sacrosanta, di grande civiltà e, come tale, da difendere con la massima forza. Fa parte di quell’insieme di normative emanate negli anni che hanno permesso ai disabili di vedere riconosciuta la propria dignità. Non va dimenticato, infatti, che le persone con disabilità, in particolare quelle senza una rete famigliare tale da poter essere aiutate, fino a pochi decenni fa erano costrette a chiedere l’elemosina all’ingresso delle chiese o ai margini dei ponti. E’ solo grazie a determinati interventi normativi (la legge 104, ma anche la 118/1971 su assegno e pensione d’invalidità, la 18/1980 sull’indennità di accompagnamento ai disabili gravi, la 68/1999 sul diritto al lavoro) che queste persone possono avere una vita decorosa. L’Anmic, che è la più grande associazione nazionale di tutela delle persone con disabilità, nasce oltre 60 anni fa con l’intento di rendere esigibili i diritti sanciti dalla Costituzione: istruzione, salute e lavoro su tutti. E tutti sappiamo bene che se è difficile ottenere le leggi, ancora più difficile è applicarle: per questo esistiamo e ci battiamo. E non si dimentichi che ad oggi la pensione d’invalidità è circa 280 euro al mese: una miseria. Anzi, una vergogna. Una vergona, però, non per chi la riceve, ma per chi la eroga: quindi per lo Stato. La nostra Associazione nel 2008 ha raccolto più di 300 mila firme e presentato una proposta di legge di iniziativa popolare nella quale si proponeva la parità con la pensione minima dell’Inps. Bene, queste firme giacciono in un silenzio assordante alla XII Commissione.

Purtroppo, come accade in tutti i settori, ci sono persone, insensibili, senza scrupoli e prive di ogni senso di comunità, che trovano scorciatoie per rendere la loro vita apparentemente più facile ma sicuramente gretta e triste. Lo fanno, peraltro, spesso con la complicità delle istituzioni e attraverso commissioni mediche accondiscendenti. Questo comportamento inaccettabile e da esacerbare, che si insinua nel nostro Paese con delle rilevanti differenze territoriali (in questo senso Parma, e in generale la regione Emilia Romagna, può ritenersi una realtà virtuosa), causa un sentimento diffuso di condanna verso la disabilità tutta. Basta il caso di un falso invalido, magari amplificato dalla cassa di risonanza mediatica, che tutti gli invalidi vengono additati come persone che gravano sulle casse statali. Per questo, al fine di assicurare la vera tutela dei disabili, ma anche la credibilità della nostra associazione, nelle commissione mediche c’è anche uno specialista nominato dall’Anmic. E’ così che a Parma, grazie anche alla collaborazione della dirigenza di Inps, Azienda Ospedaliero-Universitaria e Ausl, con la quale ci sono frequenti e costruttivi incontri, la guardia è e rimane alta, per evitare che il vergognoso comportamento di pochi getti fango sull’esistenza delle tante persone che realmente hanno bisogno di una legge che tuteli i loro diritti”.

Alberto Mutti
Presidente provinciale e vicepresidente nazionale Anmic

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