L’intervento di Alberto Mutti, presidente provinciale di Anmic, in merito alla situazione che ha visto una giovane ragazza disabile esclusa dalla cena di classe perché in carrozzina.

“Ho provato rabbia nel leggere la storia della ragazza disabile presa di mira, insultata ed esclusa dalle sue compagne dalla cena di classe. Rabbia ma non incredulità, perché sono consapevole che il mondo inclusivo non è una realtà ma un obiettivo, e questa capacità di arrabbiarsi serve per continuare a lottare per una società giusta, egualitaria e solidale.

Quelle giovani, chiedendole di non unirsi alla cena  di classe, hanno calpestato la dignità della loro compagna. Ora comprendiamo la rabbia dei genitori, che si sono rivolti alla Polizia Postale, perché atteggiamenti di questo tipo non possono restare impuniti e non vale, in casi simili, l’attenuante dell’età adolescenziale. Mi chiedo però se non sia il caso di volare un po’ più in alto. Nelle nostre scuole dobbiamo avere ottimi formatori e ottimi educatori dei nostri giovani. Dov’è finita l’educazione civica? L’Ufficio Scolastico deve intervenire in quell’istituto con forza, perché questo è un caso grave e sintomo di una situazione che va immediatamente arginata, soprattutto perché pare di capire, dalla denuncia del padre della ragazza, che stiamo parlando di una classe ad indirizzo socioeducativo. Quando parliamo di sociale e di educativo dobbiamo curare bene non solo la formazione, ma anche la selezione. Queste aree scolastiche sono troppo importanti per essere un “parcheggio” per chi non ha voglia di studiare.

A farmi riflettere è anche la questione relativa alla gita. Colpevolizzare la studentessa disabile per la mancata organizzazione del viaggio, a causa della carrozzina, è esattamente il contrario di quello che dovrebbe accadere in una comunità giusta. Tutta la classe, insieme alle varie famiglie, avrebbe dovuto alzare la voce affinché la scuola organizzasse una gita accessibile, con tanto di pullman idoneo a trasportare la carrozzina: non è vero che non si può, basta volerlo. Invece si è pensato che l’uguaglianza fosse rimanere tutti a casa, quando rimanere a casa non è altro che una sconfitta. La vera uguaglianza, invece, è partire tutti per la gita. Dove sono finite le parole “diritti”, “integrazione”, “inclusione”?

È inoltre quasi banale dirlo, ma evidentemente va ricordato: la disabilità riguarda tutti, perché la vita non si può prevedere e chiunque, da un momento all’altro, può ritrovarsi a fare i conti con una disabilità.

Allora, a settembre, per l’inizio dell’anno scolastico, vogliamo invitare qui l’intera classe: gli studenti, i loro genitori e gli insegnanti, perché il fallimento, in questa triste storia, è di tutti. Qui in via Stirone, dove ha sede l’Anmic, c’è un presidio di inclusione e le porte sono sempre aperte: basta una loro telefonata per fissare data e orario. Avranno la possibilità di vivere una mattinata insieme a persone con varie disabilità, di visitare il Cepdi (Centro Provinciale di Documentazione per l’Integrazione), con la sua biblioteca di circa 7 mila volumi, e di parlare con una psicologa che si occupa proprio dei problemi che possono nascere nel contesto classe. Siamo certi che varrà più di mille lezioni a scuola. Perché alla fine ha ragione questo papà, quando dice: “È necessario che queste ragazze siano recuperate, rese consapevoli dell’accaduto. Vanno aiutate ad aiutarsi””.