Un’ingiustizia sociale e una beffa, è questo il duro giudizio della sezione di Parma dell’Anmic (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili) sulla novità Inps che riguarda gli invalidi civili parziali. Con il suo messaggio del 14 ottobre scorso n. 3495/2021, che modifica inaspettatamente una linea interpretativa risalente al 2008, l’Inps ha infatti ritenuto di escludere dal beneficio dell’assegno mensile gli invalidi civili parziali (74%-99%) che svolgano attività lavorativa precaria o parziale, ma comunque produttiva di reddito, anche se il reddito è inferiore a quello che è previsto (euro 4.931,29 l’anno) per ottenere la prestazione assistenziale.
“Siamo di fronte ad un’assurdità logica, giuridica, ma soprattutto sociale – dice Walter Antonini, presidente di Anmic Parma – che preclude, a chi svolge una piccola attività lavorativa percependo un reddito bassissimo, la possibilità di percepire una prestazione economica istituita proprio per sostenere la persona disabile che è in cerca di un lavoro stabile e risulta completamente priva di reddito. Parliamo in realtà di un piccolo sostegno, di un assegno di soli 287 euro al mese. Si punisce, e tra Parma e provincia immaginiamo siano qualche centinaio di cittadini, chi svolge attività occasionali, precarie, con un reddito inferiore a quello già previsto per la percezione dell’assegno di invalidità civile. L’Anmic, a livello nazionale, guidata dal suo presidente nazionale Nazaro Pagano, sta chiedendo a tutti i livelli di eliminare questa ingiustizia. Ha incontrato oggi la ministra alla Disabilità, Erika Stefani, ma anche ai parlamentari del nostro territorio chiediamo la totale condivisione di questa battaglia”.
La presa di posizione dell’Inps, oltre che illogica, risulta tra l’altro socialmente iniqua perché crea disparità di trattamento. La persona disabile che ha un reddito ad esempio proveniente dalla locazione di un appartamento, e non raggiunge la soglia di accessibilità al beneficio dell’assegno mensile, ha diritto ad ottenerlo. Mentre chi ha un reddito da lavoro, seppur basso, e che non raggiunge il limite previsto dalla legge, invece non ne avrà diritto. Inoltre, tale decisione avrà conseguenze negative sulle possibilità dei giovani disabili di intraprendere un percorso di inclusione sociale grazie a brevi occasioni di lavoro. In pratica, a tanti ragazzi verrà impedito di svolgere quei lavoretti, anche se precari e poco pagati, o addirittura dei tirocini formativi o lavorativi (“Solo in Anmic ne ospitiamo cinque”, sottolinea Antonini) che prevedono un minimo compenso che preludono magari ad un’occupazione stabile e compiutamente remunerata che consentirebbe loro di rinunciare all’assegno di invalidità e di avviare una reale integrazione.
“La nostra sede provinciale di Anmic di via Stirone, in attesa che a livello nazionale l’associazione convinca il Governo a trovare una soluzione, offre gratuitamente informazioni e consulenza per tutti coloro che potrebbero avere ricadute negative sulle provvidenze economiche sempre assegnate e per tutte le informazioni necessarie”, conclude Antonini.