Con l’impennata dei contagi è salita la preoccupazione da parte delle persone fragili, in particolare disabili e anziani, per il ritardo nel ricevere la terza dose a domicilio. Si tratta di soggetti che, a causa di patologie molto gravi, non possono in nessun modo uscire di casa, i cosiddetti “intrasportabili”. Leggere oggi che, nel solo distretto di Parma, non è ancora stato somministrato il booster a 340 persone, alza il livello di preoccupazione da parte di Anmic Parma, l’associazione di tutela e rappresentanza delle persone con disabilità, con oltre 3 mila iscritti tra Parma e provincia. “Negli ultimi giorni sono aumentate le segnalazioni all’associazione da parte delle famiglie, che lamentano di non sapere nulla circa la data della terza dose a domicilio – osserva il presidente di Anmic, Walter Antonini -. Capiamo ovviamente il sovraccarico di impegno da parte degli operatori Ausl, ma stiamo parlando di persone fragili, già minate enormemente nella loro qualità di vita, dovendo rimanere in casa perché impossibilitate a muoversi. Questa emarginazione è tanto più evidente se queste persone vengono lasciate senza informazioni e non possono prendere un appuntamento, costrette a vivere nell’attesa di una telefonata che non arriva. In diversi casi si tratta di persone le cui famiglie hanno deciso di fare un percorso di cura a casa, senza ricorrere alle strutture, per motivi economici o sentimentali. Non è giusto che arrivino dopo”.
Anmic, nei mesi scorsi, aveva collaborato con Ausl segnalando decine di persone con disabilità grave non presenti negli elenchi dell’azienda sanitaria, mettendo anche a disposizione medici e infermieri volontari, opportunamente formati, per un ambulatorio riservato ai fragili, che poi non è stato concretizzato. “Chiediamo all’Ausl di velocizzare i tempi: un’unica équipe dedicata alle vaccinazioni a domicilio non basta – commenta Antonini –. Chiediamo un intervento, anche temporaneo, per disporre di nuove squadre Usca, per completare le terze vaccinazioni alle persone disabili. È frustrante, inoltre, leggere che a condizionare le scelte sono le risorse a disposizione: sarebbe necessario reperire sul mercato del lavoro nuove forze per ridurre i tempi e magari, anche da un punto di vista organizzativo, programmare le vaccinazioni in modo da poter tranquillizzare i diretti interessati e le loro famiglie. Ora invece vivono nell’attesa, ogni giorno, di essere contattate”.
Infine, l’Ausl potrebbe affidarsi al mondo del volontariato che svolge la propria attività sul primo intervento. “Non siamo tifosi degli enti pubblici che delegano al volontariato alcuni servizi essenziali – conclude il presidente di Anmic -, ma sappiamo che ci sono tante realtà che, in questo periodo di emergenza, potrebbero dare un aiuto decisivo sul fronte delle vaccinazioni dei soggetti che non possono uscire di casa”.