07.01.2014 – Come annnunciato sull’ultimo numero del Notizirio Anmic distribuito prima di Natale torniamo a parlare della questione “Casaburi” per analizzare gli ultimi sviluppi. Dopo aver ricostruito la vicenda attraverso le interviste a tutte le parti in causa (l’assessore competente del Comune di Parma Laura Rossi, il sig. Baroni della Fondazione Tommasini e la signora Chillò rappresentante delle famiglie del Centro di Via Varese) abbiamo di nuovo incontrato l’assessore Rossi per farci spiegare le ultime decisioni prese dal Comitato di Distretto.
Assessore Rossi, gli ospiti del Varese, così come quelli del Lubiana, non saranno oggetto di trasferimento nella struttura di via Casaburi?
“Il Gestore del Centro di Via Varese, in seguito a una contrattazione, ha accettato le tariffe di accreditamento per la struttura. Ma per poter sostenere le superiori spese di gestione rispetto a quelle previste per la struttura di via Casaburi, al Gestore è stato riconosciuta una maggiorazione dell’11% delle tariffe e l’aggiunta di quattro posti diurni. A Casaburi, oltre a tre ospiti che arriveranno da fuori, troveranno posto gli ospiti della Cooperativa Insieme per l’inagibilità della struttura di Gaione, per la quale non ci sono per ora le risorse per gli interventi necessari. Si tratta di un provvedimento obbligato ma transitorio, fino a marzo, che avverrà in modo graduale e alle tariffe di accreditamento attuali. Il Centro diurno già presente in via Casaburi sarà anch’esso prorogato alla stessa scadenza, infatti il Comitato di Distretto ha deciso di accreditare tutta la struttura proprio a Marzo”.
Sarà quindi indetta una regolare gara per la gestione del centro di via Casaburi?
“E’ inevitabile che sia così. Mi rendo conto che per gli ospiti di Gaione la continuità non è può essere  garantita con certezza: la Cooperativa Insieme si trova in una situazione difficile, deve decidere se partecipare alla gara per una gestione decisamente più impegnativa di quella attuale. E non è detto che vinca la gara. Questa è una delle conseguenze negative dell’aver abbandonato il progetto originario che prevedeva il trasferimento al Varese dove la gestione sarebbe stata del tutto analoga per la Cooperativa Insieme e quindi sostenibile. Esiste anche un’altra possibilità: se la Insieme e il Gestore del diurno di Casaburi formassero una ATI (Associazione Temporanea di Imprese, ndr) il Comune potrebbe decidere un affidamento diretto. Ma io non entro in questa decisione, tocca a loro. Ma posso dire che la Cooperativa Insieme ha a disposizione competenze e professionalità di altissimo livello, a fronte forse di una certa fragilità gestionale che può comunque essere superata. Se la Insieme si mette in gioco e accetta la sfida potrebbe nascere anche un progetto per certi versi migliore di quello originario, con aspetti innovativi e sperimentazioni importanti. Le potenzialità della struttura sono immense”.
Le decisioni prese vengono incontro ai familiari del Varese che si erano fermamente opposti al trasferimento. Ma Lei ritiene comunque che aver abbandonato il progetto iniziale sia una scelta sbagliata?
“L’abbandono del progetto iniziale porta con se alcune conseguenze gravissime oltre alle incertezze legate agli ospiti della Cooperativa Insieme. In primo luogo il centro di via Varese sarà ora più affollato, ma il numero degli operatori non cambierà: questo significa una minore qualità del servizio pur conservando comunque standard elevati. Ma la conseguenza più grave e che con il nuovo assetto il sistema è saturo e non può rispondere a nuove richieste di posti residenziali. Le prossime richieste di inserimento residenziale dovranno essere dirottate fuori distretto. Il progetto iniziale prevedeva 3-5 posti residenziali a disposizione per esigenze temporanee o future. Dei dodici ospiti di via Varese un terzo circa aveva già manifestato l’intenzione di accettare lo spostamento, un terzo era indeciso e un terzo ha opposto una ferma opposizione.
Abbiamo preferito sospendere il trasferimento poiché ci sta a cuore la serenità delle persone con disabilità e senza la collaborazione dei parenti non c’erano le condizioni per poter accompagnare le persone con la necessaria tranquillità. Ci interessa però anche garantire a tutti coloro che avranno bisogno in futuro la possibilità di avere risposte e per questo penso che non aver potuto realizzare questo trasferimento e sistemare i servizi non sia stata una buona cosa.  Questa ferma opposizione è stata purtroppo decisiva, soprattutto per effetto di una strumentalizzazione politica che, come spesso accade nel nostro Paese, mira ad una soluzione che non scontenti nessuno nell’immediato, soprattutto in prossimità degli appuntamenti elettorali (elezioni comunali, ndr), ma è priva di una qualsiasi programmazione sostenibile. Nel segno del ‘se la vedrà chi verrà dopo’”.

Le Borse Lavoro

L’incontro con l’assessore è sato anche l’occasione per parlare di una problematica nuova che sta esplodendo in questi giorni a proposito delle Borse Lavoro che non potrebbero più essere utilizzate dal 2014.
“La riforma Fornero – spiega l’assessore Rossi – ha di fatto eliminato la fattispecie obbligando la Regione a promulgare la Legge 7 del 2013 che ne applica i dettami. Di fatto gli oltre 180 disabili impiegati come Borsa Lavoro non potranno più prestare opera con la stessa regolamentazione; secondo la riforma infatti gli unici rapporti possibili sono il contratto di lavoro o il tirocinio formativo. Forse serviva una regolamentazione, ma soltanto i due terzi dei disabili attualmente impiegati ha i requisiti per poter intraprendere un Tirocinio formativo che , a differenza della Borsa Lavoro, ha però una durata limitata nel tempo e costi più elevati che vanno ricalcolati e coperti. Per gli altri poi non ci sarebbero soluzioni.
Si è purtroppo dimenticato che le Borse Lavoro sono uno strumento riabilitativo e socializzante che non può sparire. Per recuperarlo serve però una legge nazionale e io sono pronta a coinvolgere il Movimento per trovare una soluzione parlamentare al problema. Intanto il Comitato di Distretto ha deciso una proroga tecnica di due/tre mesi delle convenzioni per assicurare la continuità, poi valuteremo le azioni da intraprendere”.