21.04.2014 – Dopo il “suggerimento”, fortunatamente disatteso, del Commissario per la spending review Cottarelli di recuperare risorse dalle pensioni di invalidità e dalle indennità di accompagnamento, si ipotizzano ancora interventi volti a colpire le prestazioni economiche destinate ai disabili.

Il tema è ancora quello dell’indennità di accompagnamento: un assegno mensile di circa 500 euro destinato agli invalidi al 100% che hanno bisogno di assistenza continua per deambulare o compiere gli atti quotidiani della vita. Si tratta in altre parole di una sorta di rimborso per le spese che l’invalido è costretto a sostenere in virtù della propria condizione e per la mancanza di servizi che lo Stato dovrebbe erogare.

In un articolo apparso di recente su “Il Sole 24 Ore”, a firma del professor Cristiano Gori, si auspica una revisione dei criteri di accertamento dei beneficiari.

Auspicio che trova d’accordo, ma per motivi ben diversi, l’Anmic di Parma e i Medici di categoria che l’Associazione ha incontrato nei giorni scorsi proprio per discutere delle criticità legate al mondo della disabilità.

Tra i temi emersi dall’incontro, quello più significativo è proprio quello legato ai criteri di valutazione dell’invalidità espressi attraverso le tabelle fissate per legge nel 1992. I medici sono stati tutti concordi nel ritenere doverosa una revisione delle stesse alla luce dei grandi progressi che la scienza medica ha compiuto negli ultimi 25 anni. L’Anmic di Parma non può che condividere questa esigenza di “aggiornamento”, auspicando un intervento periodico fissato per legge affinchè le tabelle riflettano meglio la realtà secondo criteri di giustizia.

La revisione auspicata invece dal professor Gori è invece funzionale ad una restrizione delle soglie di accesso pensata per eliminare alcuni abusi: “Cottarelli segnala, in modo opportuno, una percentuale di anziani che ricevono l’accompagnamento decisamente superiore alla media nazionale in alcune regioni, perlopiù meridionali” scrive Gori, riferendosi a un territorio dove i servizi dello Stato sono quasi assenti e quindi le richieste sono più numerose e l’indennità, sostiene Gori, viene utilizzata per sostenere i cittadini indigenti.

L’Anmic di Parma condanna fermamente questo uso distorto della legge, questo uso scorretto della indennità che va a scapito dei veri invalidi: la povertà si deve combattere diversamente, con strumenti ad hoc, senza inquinare le norme pensate per i disabili che ne subiscono poi le conseguenze mediatiche attraverso l’enfatizzazione dei cosiddetti “falsi invalidi”. Ricordiamo una copertina di Panorama del 2011 che identificava i disabili con la definizione “Scrocconi”.
Concetti che fanno molto male a chi cerca di vivere, o meglio sopravvivvere, con 280 euro circa di pensione e 500 euro di indennità di accompagnamento. Per 800mila disabili disoccupati questo è l’unico sostegno.

In conclusione Gori chiede di “rivedere i criteri di accertamento della non autosufficienza, graduarne l’importo, legarne la fruizione a servizi di informazione e consulenza, fare in modo che possa essere utilizzato per impiegare solo badanti regolari e qualificate”.

Ricordato che la legge 328 del 2000, mai applicata per mancanza di risorse, prevede già una indennità legata alla gravità della malattia e quindi alle esigenze dell’invalido, ci permettiamo di ricordare al professor Gori i dettami della Carta Costituzionale che all’articolo 32 primo comma recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Principio costituzionale che va letto con i primi due commi dell’articolo 38: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.

Questi dettami Costituzionali imporrebbero, e questo sarebbe lo scenario ottimale, che lo Stato fosse in grado di erogare gratuitamente ai cittadini disabili tutti i servizi di cui hanno diritto. In alternativa, se lo Stato non è in grado di provvedere direttamente, dovrebbe fare in modo che le esigenze dei disabili non siano a carico delle famiglie, erogando indennità adeguate al costo dei servizi necessari. In altre parole va realizzata l’esigibilità, ancora lontana dal completarsi, dell’art. 38.